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RENTRI: il registro elettronico per la tracciabilità dei rifiuti

La fase del trasporto dei rifiuti rappresenta, da sempre, uno dei punti nevralgici della politica comunitaria di settore e le cui normative di emanazione dell’Unione europea hanno sempre ribadito la necessità di un controllo delle spedizioni per prevenire la loro dispersione nell’ambiente.

La stessa direttiva 2008/98/CE del parlamento europeo e del consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti prevede che gli Stati membri adottino “misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana”, tra le quali rientra la tracciabilità del rifiuto, dalla produzione alla destinazione finale, e in particolare il controllo dei rifiuti pericolosi.

Un primo tentativo di modernizzazione delle modalità di tracciabilità dei rifiuti è stato previsto dalla Legge 296/2006, che disponeva l’implementazione di “un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti (in funzione della sicurezza nazionale in rapporto all’esigenza di prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illegale dei rifiuti)”.

Questo sistema si chiamava SISTRI, contrazione di Sistema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti. È stato definitivamente attuato a opera del decreto ministeriale 17 dicembre 2009, pubblicato il 13 gennaio 2010, entrato in vigore il giorno successivo.
Promosso dal Ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare il nuovo sistema avrebbe permesso l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale, e dei rifiuti urbani nella Regione Campania.

A seguito del recepimento del  viene eliminato il SISTRI dalla normativa primaria. Questo in particolare con la riforma dell’art.188-bis del D.Lgs. 152/2006, operata per tramite del D.Lgs. 116/2020.

Sono quindi poste le basi per la successiva realizzazione di un nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti; il sistema è basato su un dispositivo hardware denominativo Registro Elettronico Nazionale (REN). Da cui l’appellativo RENTRI (Registro Elettronico Nazionale Tracciabilità Rifiuti) dato al nuovo progetto, che vedrà la luce dopo il positivo riscontro ad un periodo di sperimentazione, avviato nel giugno 2021.

Che cos’è il Rentri e da quando è in vigore 

La sigla RENTRI è l’acronimo di Registro Elettronico Nazionale sulla Tracciabilità dei Rifiuti, ovvero il nuovo registro digitale che in futuro permetterà la tracciabilità dei rifiuti attraverso documentazione digitale al 100%.

Questo strumento sarà realizzato e gestito direttamente dal Ministero della Transizione Ecologica, e al suo interno dovrebbe includere la gestione digitalizzata del Registro di carico/scarico, dei Formulari di identificazione dei rifiuti e del MUD.

Entro il 13 febbraio 2025 dovranno iscriversi circa 70 mila operatori, rientranti in: impianti di recupero e smaltimento di rifiuti, trasportatori, intermediari di rifiuti e imprese con più di 50 dipendenti che producono rifiuti pericolosi oppure rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali e dal trattamento di rifiuti, acque e fumi.

Che cosa prevede il Rentri

Il RENTRI si basa su procedure e strumenti di tracciabilità di cui al “Registro elettronico nazionale” e avrà il supporto tecnico operativo dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali (ANGA).
Dovrà essere quindi disciplinato mediante uno o più atti regolamentari che andranno a regolamentare:

  • aspetti riguardanti organizzazione e funzionamento dello stesso;
  • nuovi tracciati record di registri e formulari;
  • operazioni relative alla loro compilazione, vidimazione e tenuta in formato digitale;
  • modalità di iscrizione al sistema da parte dei soggetti passivi;
  • sistema per la verifica e l’invio della comunicazione dell’avvenuto recupero o smaltimento dei rifiuti. Questo al fine di consentire l’interoperabilità con i sistemi gestionali degli utenti, pubblici e privati, attraverso apposite interfacce.

E’ previsto un periodo di sperimentazione, preliminare all’attuazione vera e propria, caratterizzata, all’insegna della sostenibilità economico-finanziaria e dalla semplificazione amministrativa.

Materialmente il Registro sarà ospitato presso la competente struttura organizzativa del Ministero della Transizione Ecologica, ed articolato in due sezioni:

  • anagrafica: riporta i dati relativi ai soggetti iscritti e, soprattutto quelli relativi alle informazioni riguardanti le specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l’esercizio di attività inerenti alla gestione dei rifiuti;
  • tracciabilità: riporta i dati veri e propri riferibili al ciclo di vita compiuto e tracciato mediante il sistema.

Quali sono i tipi di rifiuti

Nel complesso, in base alle direttive del Ministero dell’Ambiente, i rifiuti vengono classificati in due macro-categorie:

  • rifiuti urbani (prodotti a livello civile)
  • categoria rifiuti speciali (prodotti da attività produttive)

Entrambe le categorie rifiuti possono contenere rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

I rifiuti pericolosi urbani sono quei rifiuti che, pur prodotti a livello civile, contengono sostanze pericolose, come ad esempio i medicinali scaduti o le pile. L’elenco rifiuti speciali pericolosi, invece, comprende i rifiuti generati dalle attività produttive. Lista rifiuti speciali comprende oli esauriti, rifiuti derivanti dalla produzione conciaria e tessile, dalla raffinazione del petrolio, dalla ricerca medica e veterinaria e così via.

A determinare la pericolosità di un rifiuto è la presenza, al suo interno, di sostanze pericolose che possono arrecare danno all’ambiente e alla salute umana. Perciò il Regolamento 1357/2014 classifica le sostanze pericolose e detta la normativa per lo smaltimento rifiuti pericolosi e l’individuazione dei rifiuti pericolosi.

Ma quali sono i rifiuti pericolosi? Facciamo un elenco rifiuti speciali pericolosi. Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, parte IV, allegato D riporta la classificazione rifiuti pericolosi. Quindi si ha elenco rifiuti pericolosi:

  • gli scarti della raffinazione del petrolio;
  • scarti dei processi chimici industriali;
  • gli scarti dell’industria metallurgica;
  • gli scarti che provengono da apparecchiature elettriche ed elettroniche;
  • i solventi;
  • gli oli esausti;
  • batterie e accumulatori;
  • rifiuti degli impianti di trattamento delle acque reflue;
  • rifiuti dell’industria fotografica (soluzioni di sviluppo e attivanti a base di acqua o di solventi; soluzioni fissative e di sbianca-fissaggio, ecc.);
  • i rifiuti delle attività medica e veterinaria;
  • rifiuti della produzione conciaria e tessile;
  • i rifiuti dell’industria cosmetica (detergenti, trucchi);
  • pitture e vernici di scarto; scarti di inchiostro;
  • rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose;
  • esplosivi di scarto (munizioni, fuochi d’artificio).

Chi è tenuto al registro elettronico dei rifiuti?

Il Legislatore prevede, fra i soggetti obbligati all’iscrizione ad esso:

  • Enti e imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti. Queste organizzazioni devono tracciare digitalmente ogni fase della gestione dei rifiuti trattati.
  • Produttori di rifiuti pericolosi. Tutti i produttori di rifiuti pericolosi, a meno che non siano espressamente esonerati dal comma 3 dell’articolo 9 del Decreto 4 aprile 2023, devono iscriversi al RENTRI.
  • Enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale. Chi trasporta rifiuti pericolosi è obbligato a tracciare i movimenti di questi materiali per garantire la sicurezza e il corretto smaltimento.
  • Commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi senza detenzione. Anche gli intermediari che gestiscono rifiuti senza mai detenerli fisicamente devono comunque rispettare gli obblighi del RENTRI.
  • Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti. Questi soggetti devono iscriversi per garantire la tracciabilità dei materiali recuperati e riciclati.
  • Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi con più di 10 dipendenti. L’obbligo riguarda specificamente rifiuti non pericolosi derivanti da:
    • Lavorazioni industriali e artigianali;
    • Attività di recupero e smaltimento di rifiuti;
    • Derivanti dal trattamento di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.
  • Imprenditori agricoli che producono rifiuti pericolosi o che hanno un volume di affari superiore a 8.000 euro. Se le attività agricole generano rifiuti pericolosi o l’azienda supera una certa soglia di fatturato, l’iscrizione al RENTRI diventa obbligatoria.

Come accedere a Rentri?

L’accesso al portale RENTRI avviene esclusivamente mediante autenticazione, al fine di acquisire l’identità digitale del soggetto che accede.

L’accesso al portale RENTRI può essere effettuato da:

  • una persona fisica attraverso il proprio dispositivo di identità digitale: SPID persona fisica, SPID ad uso professionale per la persona fisica, Carta Nazionale dei Servizi (CNS), Carta d’Identità Elettronica (CIE);
  • una persona fisica che utilizza un dispositivo di identità digitale riferito alla persona giuridica (SPID persona giuridica o SPID ad uso professionale per la persona giuridica).

Quanto costa l’iscrizione a Rentri?

L’importo dei contributi e dei diritti di segreteria richiesti dal RENTRI, senza considerare eventuali software di gestione, sono sostanzialmente relativi ai costi d’iscrizione al sistema.

L’iscrizione al RENTRI comporta il pagamento di due principali voci di costo, ossia un contributo annuale e un diritto di segreteria.

L’importo del contributo annuale per RENTRI varia in base alla tipologia di impresa e al numero di dipendenti.

Imprese o enti che trattano o trasportano rifiuti, intermediari, Consorzi, Imprese o enti con più di 50 dipendenti che producono rifiuti dovranno pagare l’importo di iscrizione maggiore, ossia 100 EUR. Per gli anni successivi l’importo scende a 60 EUR.

Le imprese più piccole e gli altri produttori di rifiuti pagheranno un importo variabile dai 15 ai 50 EUR per il primo anno, e dai 10 ai 30 EUR dal secondo anno d’iscrizione.

Il pagamento per il primo anno viene effettuato al momento dell’iscrizione, mentre per gli anni successivi deve essere versato entro il 30 aprile.

Il diritto di segreteria è un tributo richiesto sia al momento dell’iscrizione sia in caso di variazioni successive. Ogni iscrizione e ogni modifica dell’Unità Locale sul Registro Elettronico per la Tracciabilità dei rifiuti comporta il pagamento di un diritto di segreteria pari a 10 EUR.

Nel pagamento dei diritti di segreteria, l’ importo resta invariato indipendentemente dal tipo di azienda o ente.

Quali sono le sanzioni previste e come evitarle

Il mancato rispetto delle regole imposte dalla normativa sul RENTRI (Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti) comporta una serie di sanzioni che possono variare in base alla gravità dell’infrazione e alla tipologia dei rifiuti gestiti.

Le inesattezze potrebbero compromettere la conformità normativa dell’azienda, esponendola a rischi legali e non solo.

Le sanzioni per mancata o irregolare iscrizione, come previsto dall’articolo 188-bis del TUA (Testo Unico Ambientale) modificato dal D.l. 213/2022, comporta sanzioni amministrative da 500 a 3.000 euro, a seconda della tipologia dei rifiuti (non pericolosi o pericolosi).

È comunque prevista una riduzione della sanzione se l’iscrizione avviene entro 60 giorni dalla scadenza dei termini previsti, la sanzione è ridotta di un terzo.

Specifichiamo in ogni caso che le correzioni dei dati sono esenti dalle sanzioni  se comunicate entro i termini previsti.

Oltre al rischio di sanzione, è fondamentale ricordare che errori o omissioni nelle registrazioni possono ostacolare la corretta tracciabilità dei rifiuti, rendendo difficoltoso monitorarli e garantirne una gestione efficiente.

Inoltre, problemi nella corretta registrazione possono tradursi in interruzioni operative e in ritardi nel processo di smaltimento, cosa che va ad incidere negativamente sull’efficienza delle attività quotidiane dell’azienda.

Oltre alla mancata iscrizione, la normativa prevede per il RENTRI sanzioni anche in caso di omessa o incompleta tenuta di Registro di Carico e Scarico da parte dei soggetti responsabili, o il trasporto dei rifiuti senza il Formulario di identificazione.

Anche in questi casi, gli importi delle multe applicate sono commisurati in base alla tipologia di rifiuti coinvolti e alle dimensione dell’azienda coinvolta.

La corretta compilazione del Registro di Carico e Scarico dei rifiuti è fondamentale per garantire la tracciabilità.

In caso di Registro compilato in modo errato, le sanzioni sono così divise:

  • Per rifiuti non pericolosi: da 2.000 a 10.000 euro.
  • Per rifiuti pericolosi: da 10.000 a 30.000 euro.
  • Per le imprese con meno di 15 dipendenti, le sanzioni sono ridotte da 1.040 a 6.200 euro per rifiuti non pericolosi, e da 2.070 a 12.400 euro per rifiuti pericolosi.

Nei casi più gravi, è prevista una sanzione accessoria di sospensione per un mese della carica rivestita dal responsabile dell’infrazione e della carica di amministratore.

Come visto sopra, il legislatore prevede riduzioni delle sanzioni in determinati casi, soprattutto per errori formali o per dati comunque recuperabili da altre fonti.

  • Se le informazioni mancanti o inesatte nel Formulario sono recuperabili da altre documentazioni (catasto, registri cronologici), la multa può ridursi a un valore tra 270 e 1.550 euro.
  • La sanzione per l’omessa o incompleta tenuta dei Registri Cronologici può essere ridotta se i formulari di trasporto permettono comunque di ricostruire le informazioni necessarie.

Per un consulenza più’ specifica o per un controllo di conformità della tua azienda puoi contattarci: i nostri tecnici sono a tua disposizione per aiutarti a registrarti al Rentri e per gestire i rifiuti in modo sicuro.

 

 

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