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Cos’è la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)

In un mondo sempre più attento alla sostenibilità, l’Unione Europea ha varato la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), un provvedimento destinato a ridefinire le pratiche aziendali ponendo al centro gli impatti sociali e ambientali lungo l’intera catena del valore, compresi i fornitori diretti e indiretti e le proprie attività. Questo nuovo scenario normativo non solo imporrà obblighi alle imprese, ma nasconde anche interessanti opportunità per chi saprà coglierle.

Le imprese dovranno fare investimenti in compliance, reporting e monitoraggio, ma chi saprà organizzarsi in anticipo, potrà ottenere un vantaggio competitivo, migliorando la propria reputazione e accedendo più facilmente a finanziamenti o bandi legati alla sostenibilità.

Agire per tempo rispetto alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) può portare a una serie di benefici concreti, sia economici che strategici. Di seguito ti elenco i principali vantaggi per un’azienda che si prepara in anticipo:

  1. Accesso facilitato a capitali e finanziamenti
  2. Maggiore competitività nelle gare e negli appalti
  3. Rafforzamento della reputazione e del brand
  4. Maggiore resilienza della supply chain
  5. Vantaggio sui concorrenti ritardatari
  6. Minore rischio legale e sanzionatorio
  7. Integrazione con altri standard (ESG, CSRD, ecc.)
  8. Attrattività per partnership e joint venture

Adeguarsi alla CSDDD non è solo una questione di obblighi legali, ma una leva strategica per innovare, crescere e distinguersi in un mercato sempre più orientato alla sostenibilità.

Cos’è la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), o Direttiva sulla Dovuta Diligenza in Materia di Sostenibilità Aziendale, è una normativa europea che mira a promuovere pratiche aziendali più sostenibili e responsabili, sia internamente che lungo le catene di fornitura. Entrata in vigore nel 2024, impone alle grandi imprese obblighi di dovuta diligenza per identificare, prevenire, mitigare e rendere conto degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente, sia nelle proprie operazioni che nelle catene del valore.

In dettaglio, la CSDDD:

  • Definisce obblighi specifici: le aziende devono svolgere attività di due diligence per identificare, prevenire, mitigare e rendere conto degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente.
  • Estende la responsabilità: la direttiva impone di considerare gli impatti lungo l’intera catena del valore, non solo nelle operazioni dirette dell’azienda.
  • Promuove pratiche sostenibili: mira a contrastare pratiche dannose come lo sfruttamento lavorativo, il lavoro minorile, la perdita di biodiversità e l’inquinamento.
  • Introduce sanzioni: prevede sanzioni per le aziende che non rispettano gli obblighi di dovuta diligenza.
  • Coinvolge l’intera catena del valore: le aziende devono monitorare e gestire i rischi lungo tutta la catena del valore, assicurando che i prodotti e servizi distribuiti non causino violazioni dei diritti umani o danni ambientali.
  • Obbliga a piani di transizione: le aziende devono adottare piani per mitigare i cambiamenti climatici, mirando alla neutralità climatica entro il 2050.

In sintesi, la CSDDD è uno strumento chiave per garantire che le imprese integrino la sostenibilità nelle loro decisioni e operazioni, promuovendo un’economia più responsabile e rispettosa dei diritti umani e dell’ambiente

CSDDD e CSRD: come si relazionano le due Direttive Europee sulla sostenibilità?

Le direttive europee CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive) sono strettamente correlate e mirano a promuovere una maggiore sostenibilità aziendale, ma con approcci diversi.

La direttiva CSDDD completa il quadro normativo europeo in materia di sostenibilità, operando in stretta connessione con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
Mentre la CSRD si concentra sull’ampliamento dell’obbligo di rendicontazione, imponendo alle aziende la pubblicazione di un bilancio di sostenibilità dettagliato, la CSDDD introduce il concetto di due diligence, ovvero “diligenza dovuta”, ponendo l’attenzione sull’intera supply chain delle aziende.
In pratica, con la CSDDD le imprese non dovranno più limitarsi a rendicontare il proprio impatto, ma saranno obbligate ad adottare misure concrete per prevenire, mitigare e ridurre gli effetti negativi delle loro operazioni, sia all’interno dell’UE sia nei Paesi extraeuropei, laddove questi impatti derivino dalla loro catena del valore.

Ma quindi, come si relazionano tra di loro la CSRD e la CSDDD?

Come detto, la CSRD è incentrata sulla trasparenza e sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale. Le imprese devono dichiarare in modo chiaro i propri impatti ambientali e sociali, inclusi quelli legati alla supply chain, ma il suo focus primario resta la trasparenza e la rendicontazione, anziché l’implementazione attiva di azioni concrete.
È qui che entra in gioco la CSDDD, che impone alle aziende di identificare, mappare e mitigare gli impatti ambientali e sociali lungo l’intera catena di fornitura. In sintesi, mentre la CSRD si concentra sulla divulgazione delle informazioni, la CSDDD stabilisce obblighi più rigorosi e operativi, richiedendo azioni concrete per la gestione della sostenibilità nella value chain.

I 7 step del processo di due diligence

Il processo di due diligence, in sette fasi, è un’indagine approfondita che si svolge prima di un’acquisizione, fusione o investimento, per valutare i rischi e le opportunità legati all’operazione. Le fasi principali includono: definizione dell’ambito e degli obiettivi, raccolta dati, analisi e valutazione dei rischi, verifica e validazione delle informazioni, redazione del report, comunicazione dei risultati e monitoraggio continuo.

Ecco le sette fasi del processo di due diligence:

  1. Definizione dell’incarico e dell’ambito: si stabiliscono gli obiettivi della due diligence, l’oggetto (es. full o limited), il livello di approfondimento richiesto e i tempi per la consegna del report.
  2. Raccolta e analisi delle informazioni: si raccolgono dati e documenti relativi alla società target, alla proprietà o alla transazione, concentrandosi su aspetti legali, finanziari, operativi e ambientali.
  3. Identificazione e valutazione dei rischi: si individuano e classificano i rischi in base alla gravità e alla probabilità di accadimento, valutando anche le opportunità.
  4. Validazione dei dati e dei risultati: le informazioni raccolte vengono verificate e validate attraverso audit e controlli incrociati per assicurarne l’accuratezza.
  5. Redazione del report di due diligence: si redige un rapporto dettagliato che riassume i risultati dell’indagine, evidenziando i rischi e le opportunità identificati.
  6. Comunicazione dei risultati: il report viene presentato alle parti interessate, che possono essere acquirenti, venditori o investitori, per supportare il processo decisionale.
  1. Monitoraggio continuo

La due diligence non si conclude con la consegna del report, ma richiede un monitoraggio costante per adattarsi ai cambiamenti del mercato, delle normative o delle esigenze operative.

Queste fasi sono fondamentali per garantire che tutte le parti coinvolte abbiano una chiara comprensione dei rischi e delle opportunità legate all’operazione, permettendo loro di prendere decisioni informate.

Quali aziende sono soggette alla CSDDD e da quando?

La CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive), o direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese, si applicherà a partire dal 2027, con tempistiche graduali, a imprese europee ed extra-UE che soddisfano specifici criteri dimensionali. Le aziende con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato globale di almeno 1.500 milioni di euro saranno le prime a doverla applicare, seguite da quelle con più di 3.000 dipendenti e 900 milioni di euro di fatturato nel 2028, e infine da tutte le altre che rientrano nell’ambito di applicazione nel 2029.

A chi si applica la CSDDD:

  • Aziende UE Le aziende europee con più di 1.000 dipendenti e un fatturato globale di almeno 450 milioni di euro.
  • Aziende extra-UE Le aziende extra-UE che generano un fatturato di almeno 450 milioni di euro all’interno dell’UE.
  • Gruppi aziendali Anche le società capogruppo che, pur non raggiungendo i criteri dimensionali da sole, guidano un gruppo che li supera, sono tenute ad applicare la direttiva.
  • Franchising/Licensing Le aziende che gestiscono sistemi di franchising o licenza nell’UE con accordi standardizzati e diritti di licenza superiori a 22,5 milioni di euro, e un fatturato globale del gruppo superiore a 80 milioni di euro.

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